FILMICO WEEKEND
Sabato mattina ricevo invito da qualche amica per andare al XIII Muestra Internacional de Cine Realizado por Mujeres. Ho un brivido, ma perché soltanto da donne? Ma il cinema è il cinema quindi ci vado. Mie amiche sono in gradissimo ritardo e approfitto per guardare intorno a me e fare conclusioni irrefutabili: tutte sono brune, le bionde mai vanno al cinema femminista. Primo film Retracing Johannnesburg da Ingrid Mawangi. Tratta di una performance, cioè l’artista utilizza soltanto il suo corpo per fare riflettere. Comincia con una cita "Se vuoi conoscere una città devi conoscere le sue prigioni" Mandela dixit. L’autrice si fa spogliare dai pubblico e tutti fano pinta di non vederla perché la macchina da presa gli fa vergogna. Seconda conclusione: nel cinema femminista c’è sempre una donna nuda ma nessuno la guarda. Secondo fim, A Horse is Not a Metaphore da Barbara Hammer, questo è un cortometraggio allora non c’è bisogno di spoglarsi, ma Barbara lo fa. Lei ha un cancro e ci mostra tutta la chemioterapia e anche la chemioterapia dei suoi cavalli che anche hanno cancri. Finalmente tutti sono guariti e Barbara corre tutta nuda, tutta vecchia e tutta brava. Terza conclusione: nel cinema femminista le donne vecchie si mostrano nude e nessuno fa pinta di trovarlo dispiacevole. Domenica, conferenza di Susana Blas, regista di "Metrópolis". Non vediamo quasi nulla perché ci sono problemi tecnici con il computer e come sono tutte donne non sanno risolverli, per fortuna ci sono anche alcuni uomini, che non sano risolverli. Susana è snob, molto elegante è non si spoglia. Ci spiega perché il video è femminista con un vídeo-poema: El vídeo es la venganza de la vagina. Primo film Yo soy una mujer saharaui, documentario con donne nude, ma soltanto nel ricordo, perché spiegano come sono state torturate dalla polizia di Marocco. Bravo documentario, brave donne. Quarta conclusione; il cinema feminista sempre revindica qualchosa, è sempre ha ragione. Secondo film Je veux voir da Joana Hadjithomas e Khalil Joreige (un uomo!!!) Di questa non ho capito nulla, era un cortomettragio lunghissimo (75`) nel quale Catherine Deneuve vuole vedere la Beirut distrutta da Israel. Non so se lei fa la francese o di se stessa, ma non si capisce perché è così antipatica, e fredda e distante. Vediamo tutto il tempo un PPP (primissimo piano) di Catherine e allo stesso tempo della città. Forse era una metafora tra la citta distrutta e la faccia ricostrutta.
Para ver "Yo soy una mujer saharaui" http://www.vimeo.com/8910857
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Marcella -